lunedì 17 febbraio 2014

Kafka On The Shore - Un anno di Beautiful But Empty – Intervista



Organizzare una festa di compleanno può essere un gran casino, soprattutto quando gli invitati sono tanti: se la festa poi è del proprio disco e si invita un sacco di gente a condividere il palco i problemi si fanno anche più grandi, ma se si è in gamba il successo è garantito. Presente al suddetto compleanno, una data organizzata all'Arci Ohibò di Milano, riesco a fare quattro chiacchiere con Vincenzo e Freddie dei festeggiati e festeggianti Kafka On The Shore, ma siccome sono particolarmente curioso e rompipalle non mi accontento e raggiungo qualche giorno dopo via mail nuovamente Vincenzo per approfondire ulteriormente passato, presente e futuro della band.


1) Come si è formata la band? So che avete provenienze geografiche molto diverse e mi incuriosiva sapere come avete fatto a ritrovarvi tutti in quel di Milano...

Ho conosciuto Fred e la sorella dell’ex cantante, Elliot, in un weekend in Val d’Aosta, coinvolto da un caro amico, in cui mi trovai in mezzo a soli tedeschi. Da quel giorno sono stato incastrato in questo mondo teutonico, tanto che un bel po’ di amici a Milano provengono dalla Deutsche Schule Mailand, dove, pensa te, ora insegno pianoforte a bambini alcuni dei quali parlano l’italiano solo con me… Daniel è tedesco, anche se è cresciuto a Milano. Su Freddie Lobster non posso dire molto, per contratto devo mantenere assoluto riserbo sulla sua vita, posso dirvi solo che pescava gamberi un tempo. Io sono l’unico italiano, con origini palermitane, cresciuto a Savona.

2) A cosa è dovuta la decisione di prendere il nome da un libro di Murakami?

Ho sempre trovato grande ispirazione dalla narrativa per quasi tutto quello che scrivo in musica. E viceversa. Raccontare la musica è una delle cose che mi diverte di più. Allo stesso modo, quando io scrivo musica tendo ad essere influenzato tremendamente da quello che in quel dato periodo sto leggendo, in termini di atmosfere ma anche di strutture. Se scorri le tracce del primo disco, noterai molti influssi. “Moon Palace” non è altro che il titolo di un famoso romanzo di Paul Auster, “Lost in the woods” invece risale a un bel po’ di anni fa quando ero un fanatico di Stephen King, mentre “Walt Disney” risente tantissimo delle inquietanti atmosfere da circo di Ray Bradbury. Quando scelsi il nome per la band, potrai intuire, stavo leggendo l’opera omnia di Murakami, e trovavo affascinante l’idea di poter costruire una musica che riflettesse molto le atmosfere oniriche dei suoi romanzi. “Kafka On The Shore”, senza girarci troppo attorno, era semplicemente il nome più bello per una band. Anche se non c’è da sottovalutare l’elemento “marino” contenuto in questo nome: sono cresciuto a pochi metri dal mare, e un bel po’ di canzoni avevo già iniziato a scriverle a casa mia ad Albisola, la cui influenza sul mio sentire non è da poco.


3) Da dove nasce l'idea alla base del video di "Bob Dylan"? Mi sembra di notare qualche rassomiglianza col Cosmopolis di David Cronenberg...

Questa domanda sarebbe da rivolgere al regista nonché ideatore del video, Michele Furfari, nostro caro amico ed eccezionale regista, che ci ha seguito in innumerevoli avventure, non ultima un lungo e surreale viaggio in camper in giro per concerti in Germania, durante il quale ha filmato cose assurde per una quantità di ore mastodontica… Prima o poi qualcosa uscirà, è tutto materiale per cui un giorno le grandi case cinematografiche pagheranno fior di quattrini!!!

4) Voi definite il vostro genere Pirate Mexican Porno Rock: se il Pirate è associabile, come avete detto anche dal vivo, al brano "Bacco", c'è una motivazione anche per il resto della definizione?

Non c’è un vero perché di questa definizione. E’ nata davvero per caso. Alle origini, un paio di anni fa, quando iniziavamo a fare i primi concerti a Milano e dintorni per un paio di bottiglie di vino e poco più, chi iniziava a seguirci ci chiedeva sempre che genere facessimo, perché nessuno di loro sapeva posizionarci precisamente nella scena musicale odierna. E a dirla tutta, neanche noi… Così, ricordo bene, che dopo un mitico concerto all’Agorà di Cusano Milanino, ce ne uscimmo fuori all’ennesima domanda di questo tipo con parole a caso associate l’una all’altra ricercando ovviamente il nonsense più assoluto, e queste parole erano: pirate, mexican, porn, rock.
C’è da dire comunque che, partendo dal presupposto che non credo mai nel caso, un motivo sotterraneo dietro queste parole c’è sicuramente: 

pirate: perché fin da subito non abbiamo voluto cercare di seguire nessun filone musicale in particolare; “arrembare” ogni genere musicale filtrandolo attraverso la nostra peculiare tecnica è sempre stata una nostra parola d’ordine: questo si sente sicuramente nel primo disco.

mexican: mmm, no, non lo so questo, trovate voi un motivo che io mi possa rivendere alle prossime interviste…

porn: sì, è vero, tutto vero, lo ammetto, all’inizio abbiamo anche cercato di musicare film porno. Spesso ci divertivano quelli giapponesi, lunghissimi e dalle trame davvero folli. 

 - rock: vabbè, non facciamo certo folk.

5) A un anno dalla pubblicazione del vostro album, se doveste fare un sunto di questi 365 giorni, qual è la soddisfazione maggiore che vi siete tolti?

Ce ne sono troppe, e tutte una diversa dall’altra, non si può fare una classifica. E’ davvero impossibile. Su 90 concerti per 60.000 km in un anno esatto, di cose ne sono successe infinite. E tutte terribilmente belle. Dormire sotto la pioggia di Waterloo attorniati da turisti messicani e poche settimane dopo tuffarsi in acque calde a sud di Tunisi, sono cose che non ti capitano spesso. Fare musica significa anche questo, ed è un privilegio per cui ringraziamo ogni giorno il mondo intero. A livello strettamente musicale, non tralascio il fatto che, senza nulla togliere a nessuno, non ricordo un’altra band italiana che al primo disco sia riuscita a collezionare più di 20 concerti tra Germania, Inghilterra, Francia, Belgio e Svizzera. E poi, c’è il concerto al Carroponte, il concerto insieme ai Marta Sui Tubi, eccezionali musicisti e fantastiche persone, il concerto di chiusura per il Milano Film Festival, l’essere stati indicati tra le 10 rivelazioni live in tutta Italia per l’intera stagione 2012/13 da Keepon...

6) Avete festeggiato il "compleanno" di Beautiful But Empty con un concerto-festa con la partecipazione di svariati membri di altre realtà musicali milanesi: quanto pensate sia importante creare un movimento di supporto fra band e quanto è fattibile una cosa del genere? 

Milano è una città piena di band e musicisti che son sicuro sarebbero felici se solo questa città riuscisse a creare una cosiddetta “scena musicale”, con una condivisione molto più forte tra gli artisti stessi. Invece, forse proprio per le caratteristiche fisiche della città stessa, ci si disperde un po’. Quel che noi Kafka abbiamo voluto fare con questo concerto è stato semplicemente cercare di unire alcune delle realtà musicali più interessanti che orbitano a Milano, con l’unico scopo di divertirci suonando e dall’incontro poi far scaturire ulteriori idee e collaborazioni. Carnesi, Alan dei Van Houtens, Davide Laura, L’orso, Pernazz dei Magellano, il rumore della tregua, sono vecchi o nuovi amici con il comune interesse del fare musica. Ce ne sarebbero dovuti essere altri, come i 2Pigeons (che però erano impegnati in altri live), oppure i Les Enfants, bravissimi. Ma sarebbe stato disumano riuscire a piazzare più di quelle 20 persone ruotando sullo stesso palco…!

7) In tema di collaborazioni, come è nata quella con Chiara Castello dei 2 Pigeons? 

E’ una cantante fantastica, fenomenale. E poi è legata alla nostra stessa etichetta, La Fabbrica di Bologna. Penso che questo basti. 

8) Dal vostro album è stato tratto anche uno spettacolo teatrale: come è nata e come si è realizzata questa idea così particolare?

Daniele Zinni. E’ lui il vostro uomo. Ponete a lui questa domanda. E’ un amico, e uno scrittore, un eccezionale scrittore. E’ stato il nostro reporter in lungo e in largo per l’Europa, su radio e webzine tramite Liberadio.it e quattrocentoquattro.com. A un certo punto è evidentemente entrato in un vortice di ossessione kafkiana dovuta alla convivenza forzata con noialtri, e da lì ha iniziato a sputare fuori racconti sulle nostre canzoni e un intero spettacolo teatrale ispirato al nostro disco. Ora sta portando in giro un bellissimo progetto insieme a Piergiorgio Sorgetti che mescola scrittura e fotografia. Eccovi un link che vi potrà dare un’idea della cosa:http://totem2014.tumblr.com/

9) Avete fatto molte date all'estero durante la promozione dell'album. Qual è, se c'è, la differenza principale fra suonare in Italia ed al di fuori dei confini nazionali?

Il pubblico è più ricettivo. E azzarda molto di più: in Italia l'ascoltatore tende in buona parte dei casi, mia personale opinione, ad essere molto conservatore in fatto di gusti musicali. Questo vale, in termini naturalmente differenti, anche per i promoter: se trovano bella la tua musica, anche se sei un emerito sconosciuto che spunta fuori dall'Italia (e dovete sapere che ci sono svariati pregiudizi nei confronti della musica italiana all'estero...), ebbene ti spingono parecchio e sono pronti a scommetterci sopra. Insomma, la "macchina" si muove un pò più velocemente, per chi dimostra di avere qualità musicali.

10) Di recente avete dovuto affrontare la fuoriuscita del vostro cantante Elliot dal gruppo: cosa cambia questo all'interno del progetto Kafka On The Shore?

Assolutamente nulla per quel che riguarda le nostre ambizioni, nè tantomeno sul piano della qualità. L’anima dei Kafka On The Shore è ben integra. E a dire la verità, sono convinto che le tante nuove canzoni che finiranno nel prossimo disco siano decisamente migliori di quelle del primo. Inoltre, Fred ha una voce bellissima su cui già da molto tempo lavoriamo. E un lavoro ben fatto da’ sempre i suoi frutti.

11) Vi ho sentiti eseguire dal vivo un certo numero di brani inediti, e di uno di questi ("We Used To Funk") ho visto il video di una vostra performance in Germania accompagnati dal sax. Dobbiamo aspettarci un seguito di Beautiful But Empty in cui ci sarà maggiore spazio per le sonorità funky, magari con l'inserimento di qualche strumento particolare nei brani?

Una punta di funky ci sarà. Ma quello su cui stiamo lavorando adesso ha derive anche molto diverse. Ora sto ascoltando electro-jazz, Daniel invece sta seguendo una deriva che va dal dupstep alla trance, mentre Fred mi aspetto che tiri fuori dal cilindro un superpezzo di liscio per qualche sagra alla porchetta nel mantovano! Scherzi a parte, abbiamo tante idee che stanno bollendo nel calderone. Ci saranno tanti ospiti nel nuovo disco, questo è certo. E poi, un desiderio che accarezzo da tempo, vorrei arrangiare qualcosa per quartetto d’archi che si inserisca a pennello in alcune canzoni. Vedremo cosa succederà!

E dopo tante parole un po' di musica: se non c'eravate a Gennaio all'Arci Ohibò ecco un assaggio di quello che vi siete persi

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