Qui di seguito, un mio tentativo di far domande ai Lantern.
Potete cercare informazioni su questi giovincelli navigando in rete. (per esempio, qui o qui) Vi basti sapere che fanno musica, che “Diavoleria” è il loro album d’esordio (leggi qui la nostra recensione), che la disillusione e lo sconforto sono spesso pretesti per la reazione da cui nascono bellissime cose come questo disco; che grazie a gruppi come questo, ascoltare musica diventa una necessità senza tempo che fa rinascere, che svecchia o che porta pesi alla coscienza.
A tutti, prima o poi, capita una giovinezza.
Alle risposte: Daniele, Sergio (rispettivamente voce e chitarra) e Steve, tecnico del suono.
-ILARIA: Iniziamo dal principio. Vorrei sapere quando avete iniziato a far musica e con quale spirito. Quale sentimento ha fatto nascere i Lantern? Cosa vi ha “accesi”?
-LANTERN: A rispondere a questa intervista sono presenti Daniele, Sergio (rispettivamente voce e chitarra) e Steve, tecnico del suono. I Lantern si formano a Rimini nell'estate 2010 o 2009, non ricordiamo bene. Del percorso musicale di Luca Sorbini si sa poco: comincia a suonare la chitarra a 6 anni di età, a 12 scopre come accordarla.
-I: Geograficamente provenite dalla provincia di Rimini. Quanto ha inciso “nascere” in Italia? Cosa, a livello d’espressione musicale, è ostacolato e cosa invece riesce facilmente ad attecchire sul territorio? (naturalmente secondo le vostre esperienze e/o opinioni).
-L: Battisti ci piace molto, ma pensiamo sia più importante il luogo in cui si muore.
-I: Vi siete “esposti” con “Noicomete”: cinque brani, pubblicazione su cassetta, intensità assurda, artwork minimalista quanto interessante. Questo succedeva tra il 2010 e 2011. 2013: Diavoleria. Azzardo l’ipotesi di una base quasi biblica, nella sua accezione più laica possibile, però, come filo conduttore tra le due produzioni. “Mosè”, “Profeta”, la dannazione, il macigno, miracoli che non si vedono. Raccontatemi il disco: qual è il disegno definitivo tracciato dai suoni di “Diavoleria”?
-L: Ci sorprende e lusinga la tua esegesi, ma siamo costretti a contraddirti:i dischi vivono di una totale indipendenza reciproca, non sono né analoghi né complementari.
Qualche anno fa tentai di riportare alla mente tutti i libri che amavo sfogliare da piccolo. In particolare ricordavo uno strano libro dalle illustrazioni fantascientifiche, grandi vedute su paesaggi deserti, quasi prive di figure umane. Cercai quel libro a lungo, rovistando dappertutto, cercando su internet, chiedendo ai miei genitori e a chiunque altro potesse ricordarne il titolo o l'autore. Ero ormai ossessionato dal ricordo di quei disegni e mi resi conto che non avevo guardato nell'unico posto in cui avrei potuto trovarlo davvero. Era sepolto sotto una pila di vecchi libri di scuola nella mia cantina, ma le illustrazioni non erano affatto come le ricordavo. Ci è venuta in mente una cosa che sosteneva Ernst Jentsch a proposito degli automi: abbiamo capito che il passato è un marchingegno o una coda di lucertola, che seppur recisa continua, diabolicamente, a vivere.
-I: "Inferno a rotta di collo", il singolo proposto in apertura dell’album, ci dà una nuova definizione della nostra generazione: siamo astro-ingegneri che costruiscono varchi siderali ed edificano mondi: è una via di fuga o una dote da coltivare, questa?
-L: Mio padre era un grande fan de "Le Orme", mi sono sempre chiesto come conciliasse la sua fede politica di destra a detrminati ascolti. Non ci è chiaro, peraltro, come la saga del Signore degli Anelli possa essere diventata un emblema culturale destrorso. A volte si fugge, a volte si resta... a tutti prima o poi capita una giovinezza.
-I: Collegandomi a quanto detto prima, torna più volte il tema “dell’invenzione”, dell’improvvisazione, nella fedeltà e nella fiducia, di un “altro mondo”, in cui l’amore salva e la diffidenza rende soli. Creare, far nascere la musica, equivale a raccontare gli errori, ad analizzarli o a risolverli attraverso il loro stesso racconto che diventa poi, un riassunto di storie universali?
-L: Una sera eravamo noi tre, a Rimini, nell'auto di Sergio, avevamo fumato. Steve se ne era appena andato, ma io ho continuato per alcuni chilometri a credere che fosse ancora con noi. Mi rendevo conto che fosse già sceso da un po', ma non riuscivo a prenderne davvero atto: ero in imbarazzo. Steve, come tutto il resto, non sai mai se c'è o non c'è.
-I: La tracklist di Diavoleria è composta da otto tracce: attribuite ad ogni canzone un’immagine, una parola, un concetto che la riassuma.
Inferno a rotta di collo - Un gattino in un museo.
Il segreto delle ragazze - Un angelo alla mia tavola.
Blek Macigno - Lancia Fulvia.
Mucchio d'ossa Copperpot - Un d20 e 'na pizz'.
Antonio -Storie del Bosco.
Siberia -Una vecchia moto.
L'invincibile S50 - Macchine lavorazione legno vetro plastica marmo metalli SCM Group.
Profeta - Persone favorevoli al formaggio greco.
-I: Quanto è importante il live per i Lantern?
-L: Suoniamo male insieme, non bene da soli.
-I: Coniate un “genere musicale” che vi renda unici, ditemi qualcosa sulla vostra musica, che possa caratterizzarvi senza paragoni e/o riferimenti ad altro, nella “scena”, un sinonimo di Lantern, insomma.
-L: Ah, noi praticamente facciamo un casino della madonna e poi a un certo punto... BAM, BAM BAM BSHHHHHHHH KCRSHHHHHHHHH
-I: Mi piace la scelta di Blek Macigno, come titolo. Riferimento al fumetto, ai boschi, alla semplicità delle sole forze umane. Ciao supereroi, insomma. Siete voi, Blek Macigno?
-L: Non noi...mio padre. Era il suo nome in codice CB.
-I: Tre etichette: V4V / Fallo Dischi / Flying Kids: vi sentite coccolati? Qual è il vostro obiettivo ultimo come band? Sempre che ce ne sia uno.
-I: Oh ragazzi, arrivederci. Siete fantastici e poche chiacchiere.
-L: Ciao, è stato un piacere.
Diavoleria dei Lantern in free download qui: http://bit.ly/1cunuTR
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