venerdì 4 maggio 2012

Intervista a Raniero Federico Neri degli Albedo

A tu per tu con Raniero Federico Neri, voce e chitarra dei milanesi Albedo, in una chiacchierata sui perchè e i percome che sono alla base di un album, “A Casa”, dagli stupendi contenuti.


Com'erano gli Albedo "da piccoli" (agli inizi del vostro suonare insieme si intende)? dove provavate? I vostri primi strumenti, quelli da pivelli, quali erano?


Raniero: Ho iniziato studiando il violino. Avevo 8 anni.Non ero un bambino prodigio e ce ne siamo accorti tutti. Soprattutto i vicini. Per questo,dopo anni di inutili solfeggi,ho mollato tutto e ho preso tre lezioni di chitarra da un pericoloso biker. Da li in poi è cominciato il fai da te con scarsi ed evidenti risultati.


Come vi siete "trovati"?


Raniero: Io e Ruy (batterista) ci conosciamo da anni,dalla scuola. Suonavamo in band diverse. La mia era migliore naturalmente. Poi gli altri sono arrivati ma non ricordo in che ordine. Però la cosa ha funzionato da subito.


Concentriamoci sulla vostra ultima fatica: "A Casa" è un album intimo. La scelta di distogliere l'attenzione dal fuori al dentro da cosa è scaturita? Gli Albedo hanno forse vissuto un momento di stanchezza come personaggi a contatto col pubblico ed hanno sentito il bisogno di tornare al loro mondo privato, se non altro in termini artistici e compositivi?


Raniero: Il fuori e il dentro sono parti della stessa cosa. Uno poi la può chiamare come vuole. Quello che scrivo,che suoniamo,il come lo arrangiamo viene sempre dalla speranza di poter comunicare forte gli stati che attraversiamo,non necessariamente sempre cupi. A volte di riflessione sul mondo che ci circonda,a volte no. Siamo tutti e quattro assolutamente convinti della nostra totale sincerità,a volte anche a scapito della forma che contiene il messaggio.


Mi ha particolarmente colpita questo eterno dialogo fra due che si ripete nella quasi totalità dei pezzi che compongono l'album. Questo prendere in considerazione i rapporti personali in maniera "privata", l'ascoltatore ha l'impressione di assistere ad un colloquio intimo e riservato. La scelta di proporre testi che abbiano una forma "dialogica" è determinata dall'intenzione di rafforzare il concept di "casa" o proviene da altro?


Raniero: Credo dipenda dal fatto che quella dialogica sia una forma di comunicazione che nei nostri testi funziona perché è quella che ha maggiore impatto su chi l’ascolta. Maggiore immediatezza senza troppi fronzoli. Non scriviamo romanzi,facciamo solo musica. Nei testi non ho mai la pretesa di parlare a qualcuno ma sempre e solo con me stesso. E in questo disco ci sono così tanti me che io alla fine mi spersonalizzo e molti ci si riconoscono. Per fortuna non tutti.


In "La Musica è una Merda", pezzo che personalmente considero un inno essendo coinvolta nel panorama criticato in quanto cantante di una coverband, descrivete la situazione attuale dell'arte e della musica: una giungla di paraculate, compromessi e finzione. Cos' hanno subìto gli Albedo di tutto questo e cosa subiscono ancora?


Raniero: Subiamo la falsità di un mondo che non ci appartiene e in cui ci addentriamo senza aspettative o pretese. Non siamo più dei ragazzini e sappiamo come stanno le cose. Non ci interessa affatto la scena,certamente ascoltiamo tanta musica ma in maniera assolutamente disinteressata,come potrebbe ascoltarla chi non la suona. Il fatto è che,fatta eccezione per casi spot,la scena si concentra su di un pubblico molto critico,severo,e soprattutto piccolo. Troppo piccolo per tutti. Per questo c’è una particolare tendenza per cui emergono gli artisti che propongono brani,testi e arrangiamenti d’urto,di fortissimo impatto, ma che,io credo,durano il tempo di una scoreggia. Si è creato un mostro per cui se a 14 anni non ascoltavi i joy division sei un grandissimo sfigato. Se non conosci le migliaia di gruppi indie vuol dire che non sai o non capisci un cazzo. Questo atteggiamento rende la scena intollerante,viziata,menomata,autoreferenziale e priva di una qualsiasi logica per cui possa definirsi indipendente. Indipendente non significa nulla a livello artistico se non proprio la totale autonomia nella proposta musicale. Punto e basta. Noi in questo siamo dei dinosauri. Cerchiamo di rendere accessibile la nostra musica il più possibile agli altri e il meno possibile alla scena indipendente. E questo è anche il motivo del nostro straordinario insuccesso.


Torno sul tema affettivo- relazionale, che poi è il principio cardine dell'album, l'amore ha una forma tormentata. Lo presentate come un sentimento che non è mai netto ma viaggia su una linea di confine eternamente in conflitto tra il litigio, la pace dei sensi, la non comunicazione, il ritorno, la fuga. Mi sembra un punto di vista realistico e ahimè impopolare, tutti si aspettano canzoni d'amore che siano drastiche: o incazzate o sdolcinate. Voi restate in mezzo com'è giusto che sia, è un modo di proporre l'amore in maniera sincera. Mi sembra che la sincerità sia il vostro marchio di fabbrica. Che ne pensate? Siete votati all'onestà? E' una scelta autobiografica, consapevole ,istintiva?


Raniero: È solo il modo in cui noi viviamo tutta questa brutta faccenda dell’amore in tutte le sue assurde forme. A 16 anni puoi descrivere il mondo come lo vorresti,a 20 anche ma dai 30 direi che lo subisci e basta. Perlomeno così è stato per me. Nei suoi aspetti positivi della continuità e della condivisione dei progetti e anche in quelli negativi della continuità e della condivisione dei progetti,per l’appunto. La nostra vita per fortuna, per quanto incontrollabile, prende comunque una direzione che tu non hai deciso ma che arriva da una serie di scelte che hai fatto in passato non sapendo che avrebbero condizionato il futuro. Scelte stupide,coraggiose o meno ma comunque scelte. Il che è paradossale ma assolutamente vero. Da bambino invidiavo più di tutti quelli che sapevano già cosa fare,dove andare. La nostra sincerità deriva dal fatto che noi te lo diciamo com’è .Quello che non ti diciamo fino in fondo è come va a finire. Ma adesso basta coi fabiovolismi.


Passo alla "parte strumentale", la cosa che preferisco negli Albedo è questo modo di restare strumentalmente puliti ma mai sterili negli arrangiamenti e soprattutto nella registrazione. Noto spesso negli album che ascolto per le recensioni che pare si ostinino tutti, grandi nomi del rock compresi, a suonare asettici come un disco di Beyoncè. Avete un modus operandi preciso a riguardo?


Raniero: No. Da un po’ di tempo ci viene comodo lavorare a pezzo,testo finito. Ma non è una regola. In linea di massima non proviamo tanti arrangiamenti per un pezzo solo. Di solito arriviamo subito al dunque. Poi magari lavoriamo sui suoni e sulle singole parti. Ma l’idea di arrangiamento per fortuna arriva quasi sempre subito. In questo mi ritengo molto fortunato,tutti hanno rispetto di quello che scrivo e cercano di valorizzarlo senza coprirlo mai troppo. Forse in questo dovremo migliorare,cioè nel coraggio di rinunciare alla chiarezza di senso per dare più atmosfera,che in un certo modo,è un'altra componente del senso.


Quale pezzo dell'album suonate più volentieri live, quale meno?


Raniero: Detestiamo suonare in acustico tutti i pezzi. E questa è la premessa con la speranza che qualcuno ascolti. Direi che ci piace suonare i brani con tanti effetti dal vivo perché secondo me rendono il live più dinamico. Quando abbiamo la possibilità montiamo la Lap steel,il piano e un sacco di altre cazzate. Purtroppo questo non sempre è possibile per questioni di sound check.Un pezzo che suoniamo sempre è “L’importanza di chiamarsi per nome” e del nuovo direi ci piace molto suonare "I pirati,quelli veri”.


Comunicare con voi è estremamente facile, trovo che siate molto "vicini" al pubblico, a volte si ha l'impressione di parlare con degli amici della comitiva che "ce l'hanno fatta". Fa parte del vostro essere estremamente sinceri, coerentemente a come affrontate la musica e a quanto scrivete nei testi? Come lo vivete il rapporto con chi vi ascolta, vi segue e compra i vostri dischi?


Raniero: Esattamente come dici tu. Ci piace parlare coi giornalisti,i ragazzi che vengono a sentirci ma non di musica,magari del fatto che quest’anno le Merde vincono lo scudetto. Alla fine chi ha passato del tempo con noi sa che non ci consideriamo musicisti e di fatto non lo siamo anche se sembrerebbe tutto il contrario visto che facciamo dischi,live,interviste ecc. Ma nella maggior parte dei casi è il modo in cui impieghiamo praticamente tutto il nostro tempo,lavoro permettendo. Lo faremmo comunque,magari da soli in salaprove.Lo facciamo per noi. Poi le persone si appassionano alla nostra causa,come nel caso di Giorgia, Giulia e Valerio che hanno realizzato un video molto bello de “L’amore è un livido” in cui credo si siano sentiti liberi di fare quello che volevano. Ci piace pensare che se questo video avrà un po’ di visibilità farà del gran bene alla parola “indipendente”. Sostenere la scena non significa solo comprare i dischi e le magliettine. Mi piacerebbe una volta tanto vendere qualche disco in meno ma non sentire i rumori della gente che dice cazzate tra un pezzo e l’altro. Mi piacerebbe che ci fosse più rispetto,di tutti e per tutti.



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