lunedì 21 novembre 2011

Intervista a Roberto Dell'Era (Dellera)

Roberto Dell'Era Dellera intervistaRoberto Dell'Era da un anno circa ha intrapreso la carriera solista con il nome di Dellera, con cui ha dato alle stampe il suo primo album ufficiale "Colonna Sonora Originale".
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente, concedendoci una lunga intervista su questo nuovo progetto, e in particolar modo sull'esperienza come bassista negli Afterhours.


Ho atteso che tornassi dagli Stati Uniti, dove sei stato in tour con gli Aferhours, com’è andato?

Guarda, andare in giro per gli Stati Uniti con gli Afterhours non è poi stato un vero e proprio tour, ma una specie di documentario che poi sarà montato e finirà su Deejay Tv, ed è praticamente un documentario sul viaggio dove abbiamo ripercorso la Route 66, la vecchia autostrada che partiva da Chicago e finiva a Los Angeles, esiste ancora per alcuni tratti ma per il resto ci hanno costruito una strada nuova sopra. È stato molto interessante, molto serratò. Non erano concerti, praticamente abbiamo fatto un concerto come Full Band solo a Los Angeles, e prima invece abbiamo fatto incontri, performance e interviste lungo il percorso, molto bello!

Veniamo al tuo disco, leggere il booklet è stato davvero interessante, soprattutto leggere le tue storie, vorrei partire dai tuoi ringraziamenti, in cui compare quello ad un angelo nero.

Ah si, bello, non me l’ha chiesto nessuno. Ho lavorato un po’ sopra il booklet, mi hanno aiutato due ragazze che sono le organizzatrici dell’Aneglo Mai, questo centro sociale e culturale di Roma, dato che volevo metterci alcune informazioni e foto che mi rappresentavano. Quella citazione lì mi è servita per uscire dall’empasse di dover ringraziare tutti, altrimenti avrei dovuto fare una lista di nomi davvero lunga che sarebbe risultata banale, allora mi sono inventato delle ragioni per cui non dovevo ringraziare nessuno in particolare, e allora ho voluto raccontare quest’episodio e cioè di questa persona. Ero rimasto bloccato in Thailandia, ero arrivato in aeroporto senza soldi ed ho scoperto che dovevo pagare una visa d’uscita dal paese, come succede in molti paesi dell’Asia e non potendo partire avevo maturato la decisione di rimanere lì, chiamare in Inghilterra dove abitavo ancora, vendere la chitarra e tornare nell’albergo dove stavo con la mia fidanzata e rimanere lì. Invece stavo per prendere un taxi quando mi viene questo ragazzo nero, che forse mi ha visto con la faccia un po’ sconvolta che mi ha chiesto come va’ e tutto il resto, gli ho spiegato e mi ha buttato 50 Pound in mano, al volo sono corso a pagare questa visa d’uscita e sono salito sull’aereo che era in partenza, sono decollato e sono tornato. Penso che la mia vita è cambiata.

Infatti volevo partire da qui, appunto perché da quello che si evince dal booklet, ma anche in tutto il disco è proprio il tuo aver viaggiato parecchio, che penso abbia influito molto sulla tua musica.

Sicuramente, volente o nolente tutto quello che fai, dove passi il tempo, le esperienze ti influenzano. Assolutamente è stato così, senza dubbio.

Nel booklet hai scritto che questo disco lo senti non come il primo, ma come il quinto.

Vero, più che altro ho scritto questo perché è un disco ufficializzato dal fatto che c’è un bollino Siae, c’è un etichetta dietro. Io ho sempre registrato cose sia durante il mio periodo con gli Aferhours, ma che facevo anche prima, mi registravo i dischi in studio e li mettevo in vendita, così come fanno un sacco di artisti, alcuni che ho conosciuto io sono davvero prodigiosi e non desiderano divulgare la loro musica tramite delle aziende, le etichette, le major più grandi, sono carriere parallele a chi esce sui giornali e che fa dischi a raffica. Per questo ho scritto che è il mio quinto disco, ma ufficialmente è il primo.

Come primo disco c’è stata una buonissima partecipazione di artisti di grande spessore, come Enrico Gabrielli, Diego Mancino, il “Guru” Cesare Basile e tanti altri.

Si, sono i miei amici. A parte che è stato un periodo di registrazioni abbastanza lungo, delle prime registrazioni non ci sono i nomi dei collaboratori in Inghilterra. Quelli italiani sono semplicemente i miei amici, non ho invitato nessuno che non fosse parte della mia cricca giornaliera. Con Lorenzo Corti, Cesare Basile e Rodrigo D’Erasmo ho abitato nella stessa casa per due anni, Enrico Gabrielli il mio “fratellino” siamo entrati insieme negli Afterhours per cui sono proprio i miei amici.

Anche Tommaso Colliva?

È un mio amico, adesso tutti chiedono di Tommaso, perché è bravissimo.

Infatti la mia domanda era mirata. Perché ora tutti chiedono di lavorare con lui, cosa lo ha reso diverso dagli altri?

Penso che sia un’attitudine molto personale, per fare i fonici bisogna essere molto pazienti, molto forti, dei bravi psicologi perché hai a che fare con menti svariate e devi imporre la tua personalità altrimenti vieni travolto. Lui è una persona che veramente ci sa fare, ha le orecchie fresche, nel senso che è al corrente di ciò che sta succedendo nel mondo, sa come stanno cambiando i processi di registrazione, perché la tecnologia sia nel revisionismo musicale - cioè utilizzare quel procedimento vintage - sia la progressione dello strumento e metodi nuovi, si evolve costantemente, non so, dal mastering, alla commistione tra elettronica, digitale e analogica, lui è molto sul pezzo. Lui ti lascia a tuo agio totalmente, mettendoci poi del suo, infatti il disco è prodotto a metà con lui e metà senza. Spero di farne un altro presto con lui. Tra l’altro parte oggi per fare il disco con i Muse in Inghilterra.

A proposito ho appena finito di leggere il libro che Tommaso Colliva ha tradotto in italiano “The New Rockstar Philosophy", immagino tu l’abbia letto, come ti è sembrato?


Il libro non l’ho ancora letto.

Ti ho voluto fare questa domanda perché “Colonna Sonora Originale” è uscito nello stesso periodo di “The New Rockstar Philosophy”, ed ascoltare questo disco dopo aver letto questo libro è come passare dalle parole ai fatti.

Carto, guarda me l’hai ricordato, lo voglio leggere al più presto assolutamente.

È un libro che in un certo senso ti riguarda, essendoci l’introduzione di Manuel Agnelli...

Il disco nuovo che uscirà degli Afterhours, non so esattamente quando uscirà, più o meno in primavera sempre co-prodotto con lui ha dei suoni fantastici, siamo super contenti. Anche perché noi ci sappiamo fare, tutti quelli degli After hanno una visione molto precisa del suono, io, Xabier e Manuel abbiamo una visione molto precisa dello strumento che fa la differenza ovviamente, quando parti ed hai una visione molto chiara è questo che fa la differenza, come tutto.


Questa tua esperienza con gli Afterhours ha influito su questo tuo album solista?

Ho imparato delle cose, va bè ho fatto una grande esperienza, ho imparato molto sulla disciplina e la metodologia del lavoro, e da Manuel ho preso l’ossessione di cercare di stare lontano da alcuni schemi. Poi il mio disco è completamente diverso da quello degli After, il mio disco viene definito classic rock che sono poi i miei ascolti, alla fine io faccio canzoni, non ho ne velleità intellettuali, ne avanguardistiche dal punto di vista musicale. Faccio canzoni e le faccio a modo mio e ovviamente penso che non sia il massimo di quello che voglio fare, perché sto già pensando al prossimo disco, ma sono all’80% contento, cavolo ho raggiunto una cosa che cercavo, un suono, un equilibrio, una visione tra la musica e il testo, poi sono lusingatissimo perché sono usciti un sacco di articoli.

A questo punto vorrei farti una domanda a cui tengo parecchio, com’è il tuo rapporto con la tecnologia, con questi nuovi strumenti che permettono agli artisti di avere un seguito maggiore?

A livello manuale faccio schifo. A livello generale non ho nessun problema con la tecnologia. È l’indicazione di un mondo che cambia velocemente, ci devi stare dietroDellera Colonna Sonora Originale a tutte le cose che cambiano velocemente e questo cambiamento attecchisce maggiormente sui giovani che hanno più armi e tempo, ma anche mentali per impararle e capirle queste cose. Il problema è l’Italia, dove c’è ancora la gerontocrazia che domina quasi tutto, mentre i giovani sono quelli che hanno in mano quel tipo di potere con cui riescono a gestire queste cose. Io non ho nessun problema nello scaricare i dischi, o usare i Social Network, bisogna trattarli con cura, ovviamente avere accesso a tante cose è una cosa pazzesca, solo il fatto che prima per fare una ricerca dovevi andare in libreria, prendere un tram ecc, oggi accendi il computer, apri Wikipedia ed hai informazioni. Da una parte c’è quest’accesso veloce alle informazioni, dall’altra la possibilità estrema di avere tutto velocemente, che rende tutto più piatto, perché ti invoglia meno ad approfondire gli argomenti e le cose, questo è il rischio. E così vale per la musica, no? Io quando ero ragazzino uscivo il sabato sera, compravo i dischi e me li centellinavo, ci passavo le ore, ascoltavo questo disco dall’inizio alla fine, l’Lp ha un significato cosmico di suo.

Mi viene spontaneo farti una domanda, oggi si sta cercando a tutti i costi di trasformare i metodi di fruizione della musica in digitale, cosa che sta uccidendo i vecchi sistemi e supporti audio. Ci sono però artisti come te che invece tendono a sfruttare ancora i vecchi sistemi, anche perché produrre un disco di qualità e non stamparlo in vinile ad esempio, ma renderlo disponibile solo in digitale è come buttarlo via. Giusto?

Ma secondo me bisogna muoversi su entrambe le strade, bisogna accettare entrambe le cose, anche se io potrei mettermi a piangere pensando che ci sarà una generazione o due che non conosce il gusto di ascoltare il disco in vinile, e sapere che quella cosa lì non c’è più è drammatico. Ma come tutte le cose terribili, ci si evolve e bisogna accettarle, non invecchiare con queste cose, prenderle e capirle, utilizzarle ma portando anche avanti la tradizione. Ad esempio io farò uscire il vinile del mio disco, chi vorrà lo comprerà in vinile, con una copertina diversa. Io sono tornato in America, dove c’è stato un crollo totale, ci sono ormai due negozi di dischi a città, quando siamo andati a Chicago ci stava questo negozio storico di Jazz e Blues e lì stampano tutto in 180 grammi e hanno queste etichette che mettono su tutte le bustine dei vinili, con su scritto: “Ricordatevi che questo disco è stato concepito dall’autore per essere ascoltato in vinile, per cui se volete ascoltarlo come si sentiva all’epoca e come voleva l’autore comprate il vinile, è questa la cosa più veritiera, poi fate come volete”. È vero, questo vale per i dischi vecchi, mentre uno per i dischi nuovi può anche non farlo questo discorso, perché magari concepisce il disco per essere ascoltato in digitale. La cosa che più mi preoccupa è la mancanza di affezione, tipo io ci ho messo 2 anni per trovare tutte le b-side dei 45 giri degli stones, andavo per i mercatini perché prima c’erano le b-side, poi usciva la raccolta e ne trovavi tre, poi ti mancava una b-side degli stones del '65 che la volevi, per collezione, poi dopo sei mesi che giravi i mercatini lo trovavi, tornavi a casa e in un silenzio rigoroso lo ascoltavi. Ora uno si mette al computer e in quattro minuti si scarica tutta la discografia degli stones.
È tutto parte della psicologia umana, se tu hai tanto di una cosa ne hai meno di un desiderio carnale di una cosa, se tu hai mille donne difficilmente te ne innamori di una, il bello è starci dietro, capire delle cose, sviscerare dei sentimenti, sentirsi capito e capire l’altra persona. Se è tutto facile sicuramente il desiderio viene meno, ma non so se è la stessa cosa per il godimento.


Un'ultima domanda, secondo te quale potrebbe essere un disco che rappresenti il verbo Stordisco?

Beh, mi fa pensare un po’ alla musica psichedelica. Ci sono cose che magari ti stordiscono per la violenza. Ma un disco in generale della storia della musica?

Si certo!

La prima cosa che mi viene in mente... c’era questa band i Brainticket. Hanno fatto un disco totalmente Prog Psichedelico dove c’era questa dicitura: “non ascoltare questo disco con i tuoi amici, potresti perderli tutti”. Era un disco super violento, un gruppo di folli totali.



Un ringraziamento speciale ad Erica Gasaro (MArteLabel)

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