- Ragazzi, stappata un altra birra, vi chiedo di presentare il vostro progetto. Come è nato, da quanti anni che andate in giro ? So che avete cambiato anche batterista se non erro ?
MATTEO: Allora guarda...noi siamo nati..abbiamo iniziato a suonare io e Federico con mio fratello all'epoca da ragazzini. Abbiamo fatto una band durante gli anni del liceo, gli “Aneurisma”. Nel 2005 abbiamo ricominciato cambiando nome in Nadàr Solo e da lì è ripartito un po' tutto, raccogliendo il materiale accumulato nel tempo. Abbiamo fatto un disco autoprodotto che ha avuto un po' fortuna grazie ad un concorso sul web che si chiamava Nokia For Music che ci ha aiutato a far girare il nostro disco...il nostro nome. Diciamo poi l'idea era quella di continuare...poi ci siamo resi conto che non c'era budget per registrare un nuovo disco perciò abbiamo deciso di fare da soli ed affidarci a Lunatik come ufficio stampa che ci ha messo in contatto con Massive Arts Records che faceva i Fratelli Calafuria che a noi piacevano tanto...ed è nato così Un Piano per Fuggire che raccoglie le canzoni scritte tra l'uscita del primo disco e questo secondo.
- Per il cambio alla batteria...
MATTEO: Si abbiamo cambiato batterista proprio prima di incidere il secondo album Andrea mio fratello ha lasciato la band. Abbiamo registrato il disco con Andrea Zanuttini di Torino con il quale poi non ci siamo trovati così d'accordo...ci sono state un po' di divergenze...la vita insieme non funzionava tanto. Così a novembre abbiamo contattato questo baldo giovane...Alessio Sanfilippo e siamo ripartiti.
- Perchè la scelta di questo nome Nadàr Solo, “nuotare da solo” ?
MATTEO: Nadàr Solo è il titolo di un film argentino. Noi l'abbiamo visto al Torino Film festival del 2003. Un bel film che raccontava la storia di un adolescente in giro per l'Argentina alla ricerca del fratello scomparso, parlava un po' della solitudine dell'adolescenza. Aveva vinto anche qualche premio...poi noi stavamo facendo il nostro primo disco autoprodotto e ci piaceva quest'idea di “nuotare da soli” e ci sembrava perfetta...
- Nel mare discografico magari...
MATTEO: (risata) Si. Nel mare della vita proprio...
- A livello di sound da quali band siete stati anche involontariamente influenzati ? Sopratutto nel primo disco si colgono delle note “verdeniane”. Può essere ?
MATTEO: Si si può essere. A questa domanda potremmo rispondere tutti e tre in modo diverso perchè abbiamo alle spalle e facciamo ancora oggi, ascolti diversi. Io da bambino mi sono formato con quello che ascoltavano i nostri genitori che andava dal cantautorato italiano, De Gregori, Battisti, Branduardi ,ecc..fino ai Cure...mio padre era un appassionato. Poi crescendo ho ascoltato altre cose. Sono stato un grandissimo fan dei Queen da bambino, fino ai 13-14 anni. Poi i Nirvana e Radiohead. Di italiani i Marlene Kuntz...quando sono usciti i Verdena nel '99 è stata una bella botta...che poi li considero ancora attualmente per certi versi la miglior band italiana per il lavoro dei suoni. Però Federico come dicevo ha avuto degli ascolti diversi...
FEDERICO: Si io ho ascoltato tanto i Beatles..ascoltavo fondamentalmente quello. Poi crescendo ho comunque proseguito sulla terra di Albione...
- Col nuovo disco avete fatto un bel po' di date. Quale è stata l'esperienza più bella che avete avuto anche a livello di soddisfazione personale ?
MATTEO: Ce ne sono state tante. E' stato bello l'anno scorso partecipare al Miami al di là del concerto...è stato bello conoscere gli altri artisti per noi che non eravamo ancora conosciuti. Quest'anno devo dire che ci siamo trovati veramente molto bene proprio la settimana scorsa a Parma...poi siamo scesi in Campania, in provincia di Salerno, in questo paesino dove non c'era proprio nulla, in questo locale “Key Drum” che ha aperto tra l'altro poco prima di Natale e lì è stato bello perchè abbiamo trovato un entusiasmo pazzesco dal punto di vista del pubblico, sia da parte di chi ci conosceva che di chi non ci conosceva ancora. Un contatto umano molto bello. Però devo dirti che la cosa più bella che ci sta capitando andando in giro, è la possibilità di conoscere tantissima gente, di parlare, di passare una serata a chiacchierare di tutto con le persone che vengono a sentirci.
- Non so se avete notato l'evoluzione dell'industria discografica. L'avvento del download digitale sia a pagamento che gratuito. Molti gruppi si stanno avvalendo del download legale e free, basti pensare a Fine Before You Came, Distanti, il recente Ep dei Cosmetic. Voi cosa ne pensate di questo cambiamento. Jacopo Lietti in una precedente intervista dichiara che tutto ciò va a discapito dei grandi ma aiuta tantissimo i piccoli.
FEDERICO: E' un problema di concetto che c'è dietro. Questa cosa del free download se ci fosse un circuito live che funzionasse bene, sarebbe perfetto. Che a me di vendere il disco non me ne frega nulla, cioè quello che a me interessa è avere la possibilità non di essere ricco con la musica ma di avere magari la possibilità di dedicarmici tranquillamente. Il problema fondamentale del circuito live, è che quando ci son tante cose la gente non sa dove andare a sbattere la testa. Quindi poi diventa un discorso promozionale. Per chi ha la possibilità di dare 2000 euro a Lunatik o qualsiasi altro ufficio stampa, il suo free download diviene diverso da quello di un altra band...di artisti piccoli non promossi allo stesso modo...c'è sempre un discorso di soldi dietro.
- Ma paradossalmente le persone anche quando vedono un album in free download non lo scaricano...
MATTEO: La mia sensazione è che sia una cosa che funziona molto bene in band già affermate. Pensiamo ai Radiohead. Il free download è una cosa. Poi c'è il download a pagamento tramite I Tunes e le varie piattaforme che ci sono. Io ora non so...ma ovunque mi dicono che ormai da anni il download digitale ha superato a livello mondiale la vendita dei dischi nei negozi. In Italia ancora non siamo a quel livello lì. Forse ci arriveremo...ma è come diceva Federico io sono d'accordo...nel senso se in Italia si potesse tranquillamente girare, sapendo di avere dei cachè di certo tipo...quando sono usciti adesso i Verdena, Roberta (Sammerilli) raccontava di aver lavorato in un pub. E parliamo di una band di grande successo. Fermi tre anni lei è dovuta andare a fare la cameriera. Questo vuol dire che la tranquillità nel suonare è molto difficile da avere. Noi stessi comunque siamo usciti col nostro primo disco autoprodotto in free download. Quando siamo stati distribuiti dalla major, la major l'ha distribuito online...l'importante non è il modo di distribuire musica ma che le cose distribuite circolino...
ALEX: Il discorso di scaricare la musica...dobbiamo partire dal presupposto che comunque in Italia i cd costano di più. E questa già è una roba tremenda, rispetto ai costi in Germania, Inghilterra. I concerti d'altro canto sono diventati tantissimi. E il guadagno l'artista ce l'ha sui concerti. Io per andare a vedere un artista non posso spendere prima 40 euro...
- Come andare ai musei e pagare un biglietto d'entrata eccessivo...
ALEX: L'idea comunque è che la cultura debba essere accessibile a tutti. Dopo di che è naturale che l'Italia si debba mettere in testa che chi lo fa sta lavorando. E'questo il problema essenziale...fare il musicista resta sempre il lavoro più bello del mondo ma comporta molti sacrifici e bisogna venirsi incontro. A me questa idea del digitale sta un po' sul cazzo. Il fatto che puoi andare su I Tunes e comprarti il disco, un cd, un brano a 90 centesimi...vai a risparmiare ma hai comunque una qualità digitale. Ed è una merda. Perchè la qualità è importante e così ne perde...ed è un controsenso, perchè chi va a registrare un album spende una barca di soldi per far uscire dei suoni della madonna che poi vengono compressi...
MATTEO: Ma poi noi già negli anni'80 ci “sdoppiavamo” le cassette...nasce tutto da lì questa cultura il concetto del peer to peer, di avere una cosa per la quale prima dovevi per forza pagare...
- Un altro problema magari in Italia potrebbe essere quello che i dischi di certi artisti sono difficilmente reperibili. Acquistabili o sul sito della band, andando ai live o in digitale su I Tunes. Non vi fa magari un po' rabbia il discorso, di non trovare musica di qualità nelle distribuzioni di massa, quali possono essere un centro commerciale ecc...?
MATTEO: Guarda il discorso potrebbe riguardare magari dei problemi di distribuzione al sud. Perchè da noi al nord il nostro disco si trova nei negozi, nella Fnac. Però c'è da dire innanzitutto che gli artisti indipendenti viaggiano su tirature molto minori rispetto ad altre band mainstream che trovi sugli scaffali dei negozi. E lì entra il gioco il ditributore. E' lui che deve andare in giro ai negozi a proporre il disco. L'artista affermato, conosciuto dalla massa fa 20000 copie che secondo il distributore venderà tutte sicuramente. Mentre l'artista indie ne fa 1000 e l 'etichetta indipendente non saprà mai quante copie venderà.
- Penso comunque sia antidemocratico e dovuto ad una politica globalizzante e distante dalle necessità e i gusti del singolo, quella di non dar spazio alla richiesta di molte persone e alla possibilità di artisti sconosciuti di poter essere apprezzati quando la gente continua a comprare sempre quei soliti due dischi dei soliti due artisti. Forse il mio è un discorso molto utopistico, però è il caso di parlarne. Non credete ?
MATTEO: La distanza tra cultura di massa e cultura di nicchia, commerciale e indipendente, in Italia è abissale e lampante. Tempo fa sulla Stampa uscì un articolo sulla pagina spettacoli che titolava “Paolo Benvegnu miglior artista indipendente dell'anno. Secondo quei trapani del Mei”. Marinella Venegoni, giornalista musicale che spende un sacco di parole sul festival di Sanremo, ha fatto questo articolo. E l'articolo diceva praticamente “ho chiesto molte volte al Mei di non sommergermi di mail. 5 mail per questo artista. Questa volta glielo concedo...Benvegnu grande artista, bla bla bla” E poi continuava dicendo che quelli del Mei erano dei trapani. Lei stava parlando di tutta una serie di artisti che significano qualcosa per diverse...forse arriviamo a centinaia di migliaia di persone. Non stava parlando di quattro rompicoglioni. Dire così è come dire “questi del Mei sono dei rompipalle e per una volta li accontentiamo”. E' questo il problema in Italia...che l'informazione di potere ragiona così. Come l'approccio televisivo...quando ti fanno vedere in un tg una stranissima curiosità pescata dal mondo del web, spacciandole per novità. Così la musica indipendente viene vista come una novità. Vi sono molte realtà nel nostro paese che vanno ancora sgomitando per trovare un posto e non ce la fanno...
FEDERICO: Guarda basta pensare che poco tempo fa ho organizzato a Torino una serie di concerti. In una delle serate come ospite vi era Appino (cantante Zen Circus) che è comunque un artista molto conosciuto e lui distribuiva le copie dei loro dischi mano a mano. Questo è un esempio lampante. Tra Vasco Rossi e Nadàr Solo vi è un abisso. Non bisogna neanche prendere in considerazione quest'associazione. Anni fa comunque cercare il disco era un piacere. Aspettare dieci giorni perchè ti arrivasse dall'etichetta veneta era bello. Anche oggi dovrebbe essere bello cercare i dischi...
- Tornando ai Nadàr...quel'è il concetto, le dinamiche, le linee guida della vostra musica ? Vi sono artisti che contestualizzano il loro sound con tematiche attuali e di accusa come Teatro degli Orrori, altri che si limitano all'autobiografia inquadrando una generazione passata (Brunori Sas) Invece i vostri testi parlano dell'evasione, la fuga dalla crescita. Nel rimanere ancorati ad un' età che magari non è stata bella per tutti e che non tornerà mai più. Come nascono le vostre liriche ?
MATTEO: Hai detto giusto. Vi sono dei ragazzi che stanno crescendo e si pongono delle domande. Noi nei testi cerchiamo di parlare in maniera molto libera di quello che ci passa per la mente. A volte cerchiamo di raccontare piccole storie. Altre di creare delle rievocazioni dell'infanzia, un'infanzia spesso difficile. Infanzia che per quelli della mia generazione ritorna e restiamo un po' attaccati. Le “100 Cose” è un pezzo che parla, in maniera un po' privata, della situazione di inconsapevolezza del nostro paese. Sul fatto che accadono delle cose molto importanti nella vita delle persone che vengono vissute con una certa distanza. Altre canzoni sono prettamente sentimentali. Federico, per esempio, scrive con questo senso di inquietudine sentimentale delle relazioni tra le persone. Questo è quello che abbiamo fatto finora. Il prossimo disco sarà un po' diverso. Più autobiografico, da parte mia sicuramente parlerà anche di amore, di amore difficile, di amore sofferto...
- Per il nuovo disco avete già pronti dei pezzi che state per registrare ?
MATTEO: Noi ci stiamo lavorando in questo periodo. Stiamo facendo, disfancendo, proviamo e riproviamo finchè non raggiungeremo un livello soddisfacente.
- Potreste pensare di prendere in considerazione il free download magari ?
MATTEO: Questo non lo so, perchè noi abbiamo un etichetta che lavora anche molto bene e ci troviamo bene. Ha le sue politiche e noi le rispettiamo. Non sarebbe contenta di sentirci parlare in un certo modo. Non lo so...potrebbe essere possibile...ma sinceramente è una cosa alla quale dobbiamo ancora pensare. Faremo in ogni caso lo streaming. Siamo sempre davanti al computer. Non so quando uscirà il nuovo disco. So solo che uscirà l'anno prossimo...
- Grazie tante della chiacchierata vi lascio prepararvi per il live...
MATTEO: Ok andiamo a concentrarci...
- Grazie tante per la disponibilità
MATTEO: Grazie a te
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