Trasportavo un fardello di
dischi sotto il sole di luglio a Chiusi, per il Lars Rock Fest. Sotto lo stesso
sole impunito e rovente la Squadra Omega si dipingeva il volto preparandosi al
rituale o forse alla battaglia che li avrebbe impegnati sul palco, dopo un
faticoso pomeriggio di soundcheck differiti e interviste inseguite. Le domande
che ora leggete, nate da uno scambio di epistole digitali, avrebbero dovuto
invece spuntare nutrite dalla fisicità di una conversazione. Ma le mie
incombenze mondane e l’impegno dei tre nel tessere incanti sonori ci ha
impedito di fronteggiarci e ha rimandato fino all’inverno questo incontro
verbale.
La critica musicale ha coniato
la definizione “Italian Occult Psychedelia” per classificare un’intera nuova
generazione di artisti; cosa ne pensate di questa categoria? E, soprattutto,
credete che esista una sorta di “movimento” riconducibile a questa
interpretazione?
E' una definizione creata da
certa stampa specializzata più che una vera e propria scena. E' comunque
innegabile che in Italia in questo momento ci siano parecchi gruppi che fanno
musica partendo da presupposti comuni. Generalizzando, si potrebbe definire
come una rilettura contemporaneizzata di un suono “psichedelico” che va oltre
la forma canzone, aperto all'improvvisazione e al recupero di certe
sonorità sperimentali che hanno
avuto, specialmente negli anni ‘70 in Italia, un’interessantissima importanza.
Almeno, noi la vediamo così.
Inevitabilmente, anche i
critici hanno chiamato in causa il prog italiano nel delineare le
caratteristiche dell’ “Italian Occult Psychedelia”; pensate che questo
parallelo sia pertinente? Qual è il vostro rapporto con la tradizione del prog
italiano?
Nella definizione di progressive italiano sono stati
inseriti moltissimi gruppi o artisti molto diversi tra loro. Per quanto
riguarda la Squadra Omega, possiamo dire di essere molto appassionati del
versante più jazz rock/avanguardistico di Area, Perigeo, Dedalus, Picchio del
Pozzo, Nadma... dal weird folk del primo Alan Sorrenti, o dalla rilettura
italiana della kosmiche music di Sensation's Fix, Battiato e da certa Library Music. La lista sarebbe comunque
molto lunga.
Il loro ultimo disco Altri
occhi ci guardano [qui la nostra
recensione]
è stato registrato interamente in
analogico presso l'Outside Inside Studio; mi piacerebbe che ci parlaste di
questa scelta: la registrazione analogica suscita diffidenza in molti
musicisti, soprattutto in quelli emergenti.
L'Outide Inside è il mio
studio, che è principalmente equipaggiato con strumentazione analogica e
vintage. A seconda delle esigenze usiamo
diversi approcci in studio: dall'improvvisazione in presa diretta senza
sovraincisioni, alla costruzione per strati di overdubs, all'assemblaggio di
sessioni diverse. Generalmente la musica è sempre incisa su nastro magnetico,
mixata su banco e masterizzata ancora su nastro. A volte, nel mezzo, Pro Tools
ci dà un aiutino qua e là nell'assemblaggio.
La copertina del disco è un
dipinto del 1977. Come avete scoperto quest’opera e perché l’avete scelta?
Il dipinto è opera di mio
padre, Flavio Bordin. L'abbiamo scelto perchè crediamo sia molto in tema con
l'immaginario che cerchiamo di creare con la nostra musica. E anche perchè, per
tornare alla domanda di prima, fa molto prog italiano anni 70!

Moltissimo. Siamo molto
appassionati della fantascienza degli anni d'oro, non tanto di quella
avventurosa e d'azione ma più del ramo visionario, mistico, oscuro e lisergico.
Qualche mese fa ho avuto
occasione di vedervi eseguire dal vivo la sonorizzazione di Lost Coast. Com’è nata l’idea per questa soundtrack, uscita
come disco nel 2015, e la conseguente decisione di portarla anche live?
Tutto è iniziato quando Marc
Littler, regista indipendente tedesco, ci ha contattati per sonorizzare Lost Coast. Il film, privo di attori o di
dialoghi, si può definire un viaggio nella natura selvaggia e primordiale.
Riprese di ampi paesaggi incontaminati, in bianco e nero, descrivono la forza
avversa e oscura della natura e
l'incapacità dell'uomo non solo di sottostare alle sue regole ma anche
di cercare di comprenderle. Il regista ha dato delle direttive riguardo alla
musica, voleva qualcosa che sottolineasse questo conflitto, doveva essere priva
di ritmo, fatta di droni e principalmente eseguita con chitarre elettriche.
Così abbiamo improvvisato per ore e ore ed è nata la colonna sonora del film.
Successivamente è uscita un'edizione in LP con DVD annesso per Boring Machine e da lì abbiamo deciso di portare
dal vivo la proiezione e la sonorizzazione del film.
Nei comunicati stampa, l’abisso
lisergico della Squadra Omega è definito “music for the third eye”. Quanta (auto)ironia c’è in questa espressione?
Non saprei in quanto non è
stata scritta da noi. E' comunque una di quelle cose che si scrivono nelle
biografie per far colpo sui gestori dei locali o sulla stampa!
Foto di Valeria Pierini
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