Non conosco la disinvoltura di
un bovino mentre defeca. Essendo io essenzialmente un topo di città, non
comprendo l’immaginario agreste degli Zolle, in parte MoRkObOt ma non solo: la
genuina schiettezza di questi figli dei campi non è intimidita dalle domande
della mia intervista, anticamera al loro imminente live del 18 aprile al Tube
Cult Fest di Pescara. Replicano con bucolico candore e disarmante semplicità,
non avvezzi alla sottile dialettica del giornalismo musicale gonfio di
autocompiacimento. Il mio cauto avvicinamento al mondo agricolo muove
inevitabilmente dagli episodi a me già noti e che perciò percepisco come meno
estranei.
Il riferimento più immediato e ricorrente, quando ci si avvicina al vostro disco, è alla militanza di Lan nei Morkobot. Ma quali elementi della vostra esperienza artistica, intendo di entrambi, sono confluiti nel progetto Zolle?
Marcio: Negli Zolle di artistico c’è ben poco (credo
che Mozart si sia rivoltato nella tomba quando hai formulato la domanda!
Ahahah! :D). È dal ’95 che suoniamo insieme e che usiamo la nostra saletta per
dar sfogo alla sfiga. Penso che un giorno ci metteremo a contare tutte le
bottiglie vuote che sono ancora lì. Sai che quando eravamo molto ma molto più
giovani usavamo una delle stanzette della sala prove per lanciare le bottiglie
vuote contro il muro? Nella stessa stanzetta facevamo essiccare il dente di
leone, lottavamo con i topi e ascoltavamo i racconti della signorina Gianna, la
matta del paese che abitava al piano di sotto.
Stefano: scusate, al momento non riesco a rispondere.
Sono alle prese con la signorina Gianna.
È possibile affermare che gli Zolle sono emersi per rispondere a esigenze che non sono soddisfatte negli altri vostri progetti?
M.: Non saprei. Allora, è un po’ lunga da spiegare (secondo me è pure un racconto un po’ noioso). In pratica: Stefano ed io suoniamo insieme da diciannove anni, purtroppo. Fino a una decina di anni fa eravamo un gruppo vero e proprio (nel senso che eravamo in quattro, con un chitarrista vero e un signor cantante) che si chiamava Klown, partito come una Panterata post adolescenziale e finito (quasi) come una SanRemata. Dato che le ultime cose non ci entusiasmavano molto (ma le prime invece, secondo me, erano fighissime, anche se suonate col culo, peccato) io ho deciso di donare il mio cervello agli alieni e Stefano alle scienze dell’educazione. Nel frattempo però ci siamo sempre costantemente (tipo una volta alla settimana) incontrati in saletta e, invece di tirare le bottiglie contro il muro, tra una mangiata e l’altra, abbiamo improvvisato una sacco e d’un tratto (in due mesi!) sono spuntati i dieci pezzi del primo album degli Zolle. Tra l’altro i pezzi sul disco sono in ordine cronologico di composizione. Manco farlo apposta. Ma giuro, gli Zolle non erano in programma.
Stefano: Più che una risposta all’insoddisfazione
percepita in altri nostri progetti, gli Zolle sono una risposta alla
stitichezza. Chi è stitico, se ascolta Zolle … Ecco! Altro che Liberi
Liberi di Vasco Rossi. Solo una precisazione, di carattere antropologico. I
progetti hanno un inizio ed una fine, odorano di precarietà. Gli Zolle sono
altro. Purtroppo i diciannove anni lo testimoniano. Non nasciamo nella
contemporaneità. E il presente è un “fuori programma”. Davvero! Sembrerà
contraddittorio, ma è così!
Avete anche scelto di collaborare con Urlo degli Ufomammut e Roberto Rizzo dei Quasiviri. Da cosa è stata determinata la decisione di includerli?
Marcio: Noi mica li volevamo quei due, si sono offerti loro. Adesso per colpa di Robi e Urlo ci siamo ritrovati sul disco tutti quei maledetti synth al posto giusto nel momento giusto che aiutano a rendere il nostro disco decisamente migliore. Anzi, fottutamente migliore, come direbbe Robb Flynn.
Stefano: Sono brave persone, volevamo offrire loro
un’opportunità!
A proposito del vostro album,
ho letto che durante le registrazioni avete suonato principalmente dal vivo,
usando una batteria in rame e un amplificatore anni ‘50; perché avete scelto di
evitare quasi del tutto le sovraincisioni e di ricorrere a questo tipo di
strumentazione?
Marcio: Credo che questa intervista stia prendendo toni un po’ troppo seri.
Comunque sia, abbiamo suonato
quasi live, perché era il modo in cui sono nati i pezzi, abbiamo semplicemente
registrato meglio le prove che facciamo in saletta. Con affettati, birra, vino,
e tutte quelle cose che girano attorno al nostro girovita. Questa storia
dell’amplificatore (digitale) degli anni ’50 è allucinante.
Pensa che, una sera, per
sdrammatizzare un po’ la nostra biografia che stavamo scrivendo per
mand….zzz….zzz..zz……zzzzzzz……zzz….
Stefano: Per quanto mi riguarda, è proprio la parola
“scelta” a stridere con Zolle. Per me Zolle è assenza di pensiero. La facoltà
di scelta è applicata a: “Quale vino stasera?” “Da quale birretta partiamo?”
“Cosa mangiamo?”. Il rame è quello del paiolo per la polenta sulla stufa. Gli
anni ’50 sono quelli del lavoro nei campi, in gruppo, con i buoi a tirare
l’aratro. Il disco è registrato in stile “live” per una questione di rispetto
della nostra natura. Siamo un gruppo, non una band!
L’ultima domanda, sul Tube Fest di Pescara, svela una volta per tutte l’autentico movente che si cela dietro gli Zolle, rivelando le vere intenzioni dei due fieri braccianti.
Il 18 aprile suonerete in
quello che è definito “Adriatic's Loudest Festival”, giunto alla sua sesta
edizione: che ne pensate dell’orientamento musicale del festival? C’è qualche
band in particolare che apprezzate e vi incuriosisce? Pensate che sia
rappresentativo di una “scena” specifica o piuttosto sia una panoramica su
proposte musicali multiformi, accomunate dalla comune propensione alla ricerca
sonora?
Marcio: Cari amici della scena, rilassiamoci tutti per un secondo. Anche se in pochi lo ammettono, sappiamo tutti che andare in giro a suonare è solo una becera copertura per far baldoria e far scarpetta lungo lo stivale (ohohoh! :D).
Suonare a Pescara (tra l’altro
è la prima volta come Zolle) è sempre un piacere. E’ incredibile il rapporto
qualità/quantità/prezzo/tipicità del cibo che possiamo trovare in Abruzzo. Ogni
volta è sconvolgente. Anzi, cogliamo l’occasione per ringraziare Dave per
averci invitato a mangiar…ehm…a suonare al Tube Cult Fest! \m/
Stefano: Da anziani conserveremo ricordi preziosi! La
risposta è dissonante rispetto alla domanda? Seriamente … Grazie davvero! Al
festival, agli organizzatori ed ai gruppi! Lunga vita! +s+.
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